Per quanto non siano note statistiche esatte che possano comprovarlo, Evangelion è con tutta probabilità l’anime più studiato e analizzato di tutti i tempi.
Al di là del suo successo commerciale e sociale, il franchise ideato da Hideaki Anno può vantare nel suo campo ben pochi o nessun rivale quanto a produzione critica nei suoi confronti: su Internet, naturalmente, dove da 26 anni prosperano migliaia di thread di discussione sui forum e innumerevoli siti web completamente devoti ad analisi spesso molto serie e dettagliate, ma anche in real life, dove Evangelion è diventato il tema di numerose tesi di laurea di argomento artistico, filosofico o altro ancora, nonché di saggi in molte lingue, italiano compreso, l’ultimo dei quali è il corposo Evangelion for Dummy (Plugs).
C’è però un aspetto molto curioso e interessante del franchise che raramente, o mai, viene preso in considerazione, ed è quello linguistico. La lingua in cui è scritto Evangelion, e nello specifico le sue incarnazioni autografe di Anno, ovvero la serie TV del 1995-1996, i film del 1997 e la serie Rebuild del 2007-2021, presenta un curiosissimo mix di modi di parlare e registri linguistici molto diversi. La lingua di Evangelion include altissima formalità (per esempio nei documenti o nei discorsi fra gerarchi), flussi di coscienza, concetti filosofici a volte comunicati con parole semplici e a volte no, linguaggio quotidiano, slang adolescenziale, giochi di parole, precise scelte lessicali per comunicare alcune cose e celarne altre, code mixing e molti altri stili ancora, il tutto mischiato con elementi di ultra-nicchia (ad esempio il vecchio linguaggio usato sulla BBS 2channel in cui gli otaku comunicavano attraverso il gergo militare formale, come si può leggere in Train Man) e con curiosissime creazioni estemporanee che rappresentano una delle firme stilistiche di Hideaki Anno.
Agitato, non mescolato
Questa enorme varietà di registri rende Evangelion un lavoro di particolare complessità linguistica e certamente una sfida di grande interesse per il localizzatore straniero, conscio di dover tenere in equilibrio sui due piatti della bilancia l’estrosità di Anno con la comprensibilità del testo, che in lingua originale non viene mai meno. Con le dovute proporzioni, ascoltare un segmento di Evangelion potrebbe essere paragonabile a un veloce zapping televisivo in cui ci si imbatte in tanti programmi diversi con tanti linguaggi diversi, ma nondimeno tutti comprensibili. Una lingua complessa, ma non complicata.
Lo stesso vale anche a livello delle singole parole, che possiedono vari livelli di profondità per il nippofono e di difficoltà per il traduttore e l’adattatore. Naturalmente ci sono le parole inventate e le tecnobubbole, da “A.T. Field” a “blood type: blue”, alcune ideate da Anno e soci e altre derivate da precedenti opere di fiction. Poi ci sono le parole comuni, termini al contempo molto precisi e molto vaghi come 暴走 bōsō “comportarsi in maniera selvaggia”, 補完 hokan “perfezionamento” o 適格者 tekikakusha “soggetto qualificato”, le quali, benché preesistenti, hanno acquisito per il madrelingua giapponese un’immediata riconoscibilità come Eva yōgo (“terminologia di Eva”). Un cocktail lessicale che è, di nuovo, complesso, ma non complicato.
A queste parole si affiancano infine le battute celebri, completamente assorbite nella lingua parlata come fossero modi di dire: un esempio su tutti, lo «anta baka?» di Asuka.
Logorroica facondia
Tutta questa ricchezza linguistica riguarda l’intero corpus di Evangelion fin dagli inizi e arriva, intatta se non addirittura arricchita, fino all’ultimo film della serie Rebuild of Evangelion, ovvero la terza versione della storia iniziata nel 2007 e conclusasi quest’anno con il quarto film Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time.
Come ampiamente dimostrato dalla puntata del programma TV Professional dedicata alla lavorazione del film, Anno e il suo staff hanno riversato in quest’ultima, definitiva, lapidaria opera tutto il loro impegno, riempiendola all’inverosimile di una tale quantità di dati e materiali che i fan ne avranno da discutere per decenni. Lo stesso accade per la parte linguistica, che presenta un ampio ventaglio lessicale: dai balbettii dei bebè al linguaggio popolare, dalle solite battute ambigue di Kaworu alla nomenclatura tecnica di oggetti, armi e mezzi, in un crescendo terminologico a dir poco vertiginoso.
Osserviamo alcuni di questi esempi.
Un titolo, molti significati
Già il titolo del film consente qualche ragionamento linguistico interessante.
Il titolo in caratteri latini
La versione internazionale recita Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time e la seconda parte è più facilmente spiegabile: Thrice Upon a Time è l’ormai consueta citazione a un’opera di fantascienza, pratica usa ad Anno e allo studio Gainax fin dagli esordi, e in questo caso la citazione è all’omonimo romanzo di James P. Hogan che tratta di paradossi temporali e della forza dell’amore come energia che riesce a trascendere lo spazio e il tempo. Titolo molto appropriato per questo film.
Il curioso uso dell’espressione matematica “3.0+1.0” invece è più ambiguo. Sicuramente riecheggia la celeberrima tetrafobia asiatica, per la quale è sgradevole nominare, scrivere o usare direttamente il numero 4 ed è invece preferibile riferircisi attraverso giri di parole; “3+1” potrebbe quindi essere semplicemente un modo alternativo di scrivere “4”.
Un’altra spiegazione, perfettamente giustificata dalla costruzione narrativa del film, potrebbe stare nel fatto che questa quarta pellicola è la continuazione della terza: comincia esattamente dove finiva il film precedente e ne rappresenta la naturale continuazione, quindi la prima parte di 3.0+1.0 è, effettivamente, la seconda parte di 3.0, in maniera molto simile a come avveniva in The End of Evangelion in cui la prima parte intitolata Air era effettivamente la naturale continuazione di Death & Rebirth, mentre la seconda parte A te, mio animo sincero era un segmento indipendente, come un film nel film. Lo stesso succede in 3.0+1.0: in questo senso, se quel “3.0” indica appunto la continuazione dal film precedente, allora “1.0” rappresenta un nuovo inizio, un ricominciare da capo, ovvero proprio quello che succede nel finale del film.
Una terza spiegazione, che in realtà è un corollario della precedente, si può trovare nel fatto che il film è composto da quattro parti: le prime tre conseguenziali fra loro e la quarta di forte rottura. Tre parti più una.
In altre parole, qualunque sia il significato di quell’espressione matematica, appare evidente che c’è dietro un qualche significato simbolico e metanarrativo.
Il titolo in caratteri giapponesi
Il titolo originale del film invece recita シン・エヴァンゲリオン劇場版:|| Shin Evangelion gekijō-ban:|| ovvero “Nuova versione cinematografica di Evangelion” oppure “Versione cinematografica del nuovo Evangelion”, il referente dell’aggettivo “nuovo” è ambiguo. Non è invece affatto ambiguo il preciso riferimento ai titoli originali dei film del 1997, “contenuti” nel titolo del film del 2021.
I primi tre film della serie Rebuild sono infatti intitolati in giapponese ヱヴァンゲリヲン新劇場版 Wevangeriwon shin gekijō-ban, con il nome “Evangelion” modificato e quello shin messo prima di gekijō-ban. Il quarto film invece torna alla formula エヴァンゲリオン劇場版 Evangelion gekijō-ban che era esattamente la stessa usata nei titoli dei film del 1997 新世紀エヴァンゲリオン劇場版 シト新生・Air/まごころを、君に Shinseiki Evangelion gekijō-ban Shi to shinsei – Air/Magokoro wo, kimi ni. In pratica, sia per i film del 1997 sia per quello del 2021, la parte centrale del titolo presenta le stesse esatte parole Evangelion gekijō-ban (circondate a sinistra e a destra da altre espressioni).
Attenzione: da questo punto in poi il paragrafo contiene spoiler.
Questo ha consentito agli spettatori nippofoni di accorgersi a colpo d’occhio, prima ancora di entrare nella sala cinematografica, che questo film finale del Rebuild non sarebbe stato nient’altro che una nuova versione del film finale del 1997, una sua versione shin (“nuova”, “vera”, “divina”, “evoluta”, come vuole il gioco di parole), una sua rinarrazione. Non stupisca quindi la presenza nel film finale del 2021 degli stessi identici elementi del film finale del 1997: le strette di mano, i treni mentali, le scene dal vivo, la spiaggia col mare rosso, i giganti bianchi, i teatri di posa, le lance che ruotano, le esplosioni di LCL… Se così tanti elementi si mantengono uguali è perché il film del 2021 è letteralmente, esplicitamente una rinarrazione del film del 1997.
Paradossalmente, quindi, il titolo alfabetico del quarto film del Rebuild sarebbe potuto benissimo essere Shin The End of Evangelion:|| poiché è esattamente così che appare agli occhi degli spettatori nippofoni.
Due punti e due barrette: ritornelli, finali e numeri Maya
Un’ultima nota(zione musicale) sul simbolo “:||”. La musica ha sempre svolto un ruolo più che centrale nella narrazione di Evangelion, dallo S-DAT al canone di Pachelbel fino al brano a quattro mani di Kawo♡Shin, passando naturalmente per l’iconico episodio 9 della serie TV, e si impone anche nel titolo in giapponese del quarto film del Rebuild: il simbolo “:||” fa infatti parte della notazione musicale e indica il ritornello sulle partiture.
La presenza di questo simbolo impronunciabile ha portato il fandom a numerose speculazioni e in particolare a vederlo come una chiara prova della millantata teoria del loop, secondo cui la serie TV del 1995-1996, i film del 1997 e quelli del 2007-2021 racconterebbero eventi conseguenziali fra loro, ovvero che dopo la fine di queste opere per qualche motivo il tempo si è riavvolto facendo ripartire la storia da capo. La teoria ha ben pochi appigni narrativi e nessunissima giustificazione pratica (COME tecnicamente o magicamente sarebbe possibile??? Nel mondo narrativo di Evangelion esistono forse le macchine del tempo e/o c’è la possibilità pratica di viaggiare nel tempo?), eppure è molto amata da una certa parte del fandom che vuole trovare una spiegazione facile agli eventi narrati nelle opere. In questo senso, molti fan hanno fatto 2+2 mettendo insieme la dichiarazione di Hideaki Anno «Evangelion è una storia che si ripete» e il simbolo del ritornello, et voilà, hanno ottenuto una pseudo-conferma della loro teoria.
Eppure, come è già stato notato, quel simbolo potrebbe non essere “:||”, bensì un due punti “:” seguito dalla doppia stanghetta “||”. I due punti sono infatti presenti nei titoli di tutti i primi tre film della serie Rebuild, sia in versione giapponese sia in versione inglese:
- ヱヴァンゲリヲン新劇場版:序 / Evangelion: 1.0 You Are (Not) Alone
- ヱヴァンゲリヲン新劇場版:破 / Evangelion: 2.0 You Can (Not) Advance
- ヱヴァンゲリヲン新劇場版:Q / Evangelion: 3.0 You Can (Not) Redo
Poiché il titolo in inglese del quarto film include certamente i due punti, francamente non si vede perché questi non dovrebbero essere anche nell’ultimo titolo in giapponese, isolando quindi quel simbolo alla fine come “||”, ovvero la doppia stanghetta della notazione musicale, ovvero il simbolo che si appone all’ultima battuta del pentagramma e con cui si chiude definitivamente un brano musicale. Il finale.
Questa spiegazione, pur non confermata (né smentita) ufficialmente, ha molto più senso sia considerando che il titolo di lavorazione era appunto Evangelion: Final, sia alla luce della trama del film e soprattutto delle dichiarazioni del regista Hideaki Anno, che con quest’opera ha deciso di salutare per sempre il franchise e di non rimetterci mano ulteriormente in futuro, affidandolo con tutta probabilità ad altri autori.
Sia chiaro: come spesso succede in Evangelion, quel simbolo potrebbe essere stato scelto proprio perché ambiguo e leggibile sia come “:||” sia come “||”, dando quindi al fandom argomenti di discussione. Per la cronaca, c’è persino chi ci ha trovato altri significati ancora, tipo il numero 12 nella scrittura Maya (?). Eppure, le esplicite dichiarazioni di Anno e gli eventi del film chiariscono una volta per tutte che non c’è alcun loop temporale e, quindi, nessun :||.
Una parola, molti significati
È probabilmente la parola giapponese più celebre nel mondo ed è anche una delle parole centrali dell’immaginario di Evangelion: sayōnara si presta meravigliosamente alla narrazione di Hideaki Anno grazie al suo significato univoco eppure ricco di nuance.
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IL SIGNIFICATO DELLA PAROLA SAYŌNARA
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Una battuta, molti significati
Nonostante Evangelion sia già una serie estremamente complessa e soggetta a infinite speculazioni del fandom su praticamente ogni suo aspetto, Hideaki Anno e il suo staff hanno deciso di gettare benzina sul fuoco continuando ad aggiungere nuovi materiali di discussione fino all’ultimo. Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time si presenta come un film conclusivo e risolutivo, ma paradossalmente propone allo spettatore numerosi nuovi misteri, nuove storyline, nuovi elementi di discussione e nuovi oggetti criptici che per forza di cose non troveranno mai una spiegazione, se non apocrifa in future opere del franchise (che però non saranno firmate da Anno) o elaborate dal fandom.
Una di queste novità è il misteriosissimo 生命の書 Seimei no sho “Libro della vita”, che esplode come una bomba nel mondo di Evangelion letteralmente all’ultimo momento, proprio a pochissimi minuti dalla fine del film. Il Libro della vita viene citato due sole volte, rispettivamente da Kaworu Nagisa e da Ryōji Kaji, fornendo pochissimi elementi di comprensione e pochissimissime certezze, peraltro minate dal fatto che la grammatica giapponese non contempla il numero (ovvero non c’è il plurale come inteso nelle lingue occidentali e i verbi non si coniugano al plurale) e quindi apre a numerose possibili interpretazioni ambigue.
In realtà si tratta dell’ennesima, ultima, apocalittica citazione giudaico-cristiana della saga: il Libro della vita è infatti un testo su cui Dio elenca di suo pugno le persone che andranno in Paradiso e/o comunque avranno la vita eterna dopo il giorno del Giudizio, ovvero saranno immortali. Non è chiaro se il Libro della vita in Evangelion abbia esattamente la stessa provenienza e la stessa funzione che ha nell’Apocalisse biblica, ma comunque sembra sia meglio esserci che non esserci, come nella lista dei bambini buoni di Babbo Natale.
Parliamo del Libro della vita, di interpretazioni metaforiche e della famigerata teoria del loop temporale con Sacha Pilara, adattatore della versione italiana di Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, che è dovuto venire a capo di numerose gatte (linguistiche) da pelare.
※ ATTENZIONE ※
L’intervista è completamente spoiler! Non leggere se non hai visto il film!!!
Ciao Sacha, presentati ai nostri lettori per favore.
Salve a tutti, sono Sacha Pilara e sono l’adattatore in lingua italiana del film Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time.
Per prima cosa vorrei sapere come hai lavorato per adattare in italiano il copione e se hai avuto contatti con lo Studio Khara.
Voglio specificare subito che l’intero copione italiano è stato elaborato in accordo con i nostri referenti giapponesi. Battute ai limiti del comprensibile come «Pur arrivando dall’immaginario hai già riacquistato il tuo equilibrio fra realtà e immaginazione» ci sono state fatte cambiare molte volte finché non erano accettabili, e molte volte abbiamo dovuto spiegare le ragioni della versione italiana. A volte ci chiedevano di dare la priorità al senso sulle parole, altre volte ci chiedevano spiegazioni sul senso di certe scelte; ad esempio nella battuta «Gendō Ikari, tu eri il fulcro del Perfezionamento, l’inizio del cerchio», hanno compreso il modo di dire italiano “si chiude un cerchio” che era insito nella battuta. Per alcune battute complesse ci hanno chiesto un confronto incrociato a tre fra italiano, inglese e giapponese.
Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time è chiaramente diviso in parti molto distinte: l’antefatto Avant a Parigi, la parte A al Villaggio-3, la parte B sulla AAA Wunder con il combattimento, la parte C con il Progetto per il perfezionamento dell’uomo, e la parte D con il finale. Quali sono state le tue parti preferite del film, sia come fan sia come adattatore?
Le parti che per me sono state più difficili da adattare sono anche quelle che ho apprezzato un po’ meno. Mi riferisco alle parti action, ovvero Avant e B, che sono più complicate da adattare perché più frenetiche, piene di ordini detti con foga. Inoltre spesso ho dovuto fare i conti col fatto che l’articolazione dell’italiano è molto diversa da quella del giapponese: ad esempio in lingua originale le Unità 4444 in alcuni casi vengono pronunciate «four four four four» e in altri «four four» (nel senso di “quattro volte quattro”), e la cosa magari funziona a livello sonoro in giapponese, ma non sempre in italiano, anche perché questi termini non vengono usati in maniera isolata, ma all’interno di periodi prolissi e complessi come «L’uso militarizzato degli Eva è una violazione del Trattato del Vaticano! Blocco di sicurezza disinserito, passaggio al linguaggio C, chiave di decriptazione Black Chamber!». Come adattatore è stata una faticaccia, e anche come fan ritengo queste parti le meno godibili, il che è paradossale perché invece nella serie TV le parti action sono proprio le mie preferite. La cosa mi ha veramente colpito, al punto che mi sono chiesto: in questi 25 anni è Evangelion che è cambiato o se sono io che sono cambiato? La risposta è ovvia: come sono cambiato io, è cambiato anche Anno, e il mondo che ci circonda è cambiato e ci ha cambiati. In questo credo che le varie versioni di Evangelion riflettano i periodi in cui sono uscite.
La mia parte preferita invece è la A, quella al Villaggio-3, e sono convinto che sia anche la preferita degli autori del film, dato che c’è una scena da due minuti e mezzo che serve solo a mostrare il villaggio con una canzone di sottofondo. È proprio una parte calma e bella, e contiene quella che secondo me è la cosa più bella dell’intero film, ovvero l’evoluzione emotiva del clone di Rei. Non c’è niente di più bello in assoluto, per me, è il top, e non lo dico da fan di Rei: io amo allo stesso modo tutti i personaggi perché tutti hanno qualcosa che mi colpisce personalmente. Per esempio, la Misato all’inizio della serie TV l’ho amata tantissimo perché era esattamente com’ero io quando l’ho vista: ridanciana e ubriacona, ma solo come una maschera per nascondere i problemi. Misato, come tutti i personaggi, rappressentano le varie maschere della vita. Nella Misato forte e che si sacrifica di 3.0+1.0 mi ci rivedo di meno e forse per questo mi piace meno: non è la “mia” Misato. Forse un personaggio in cui mi rispecchio meno e quindi personalmente mi interessa meno è Ritsuko: troppo seria, troppo dottore, troppa scienza.
Il Perfezionamento, la parte C, l’ho trovato molto più chiaro di quello della serie TV e dei film vecchi, e l’ho apprezzato di più. Forse Anno ha capito che nelle due precedenti versioni aveva un po’ esagerato col linguaggio criptico e stavolta si è contenuto.
Il finale, la parte D, mi è sembrato un po’ affrettato, avrei voluto vedere di più, ma forse è fatto apposta così: forse Anno voleva comunicarci che bastava veramente così poco per essere felici. In ogni caso lo trovo coerente con l’universo di Evangelion e mi è piaciuto.
Veniamo al tema clou: il Libro della vita. Vorrei provare con te a confrontare le versioni giapponese e italiana delle due battute in cui viene citato per cercare di capire un po’ meglio questo nuovo elemento introdotto in Evangelion. Per prima cosa, ecco le battute in giapponese e la loro traduzione letterale parola per parola.
Sul treno dei ricordi:
シンジ: 思い出したよ。何度もここに来て、君と会ってる。
カヲル: 「生命の書」に名を連ねているからね、何度でも会うさ。僕は君だ。僕も君と同じなんだ。だから君に惹かれた。幸せにしたかったんだ。
Ovvero:
– Shinji: Mi sono ricordato, eh. Per quante volte [io] torni qua, ti incontro.
– Kaworu: Poiché i* nom* è/sono present* sul Libro della vita, no?, poss* reincontrarci innumerevoli volte, eh. Io sono te. È perché anch’io sono come te. Per questo ero/sono stato attratto da te. Perché volevo farti felice.
Più tardi, nella scena in cui Kaworu è il direttore della NERV durante il time skip e parla con Kaji:
カヲル: 僕の存在を消せるのは真空崩壊だけだ。だから僕は、定められた円環の物語の中で、演じることを永遠に繰り返さなければならない […]。
加持: だからこそ、あなたが彼を選び、「生命の書」に名前を書き連ねた。
Ovvero:
– Kaworu: Per la cancellazione della mia esistenza, soltanto il collasso del vuoto è [efficace]. Per questo io, all’interno della stabilita storia ad anello, devo ripetere per sempre il recitare […].
– Kaji: E quindi per questo hai scelto lui e hai affiancato il nome sul Libro della vita.
Fine delle menzioni del Libro della vita. Tutto qua, non c’è altro. Come sono state comprese, tradotte e poi adattate queste battute?
Le battute mi sono state mandate dal traduttore Roberto Fedele in questa forma:
– Shinji: Ora ricordo, ci siamo incontrati molte volte qui.
– Kaworu: Così com’è scritto nel Libro della vita, e ci rincontreremo più volte. Sono te e sei come me. Per questo ero attratto, volevo renderti felice.– Kaworu: Ciò che termina la mia esistenza è il decadimento nel vuoto. Poiché io sono rinchiuso all’interno di un cerchio (o termine equivalente, N.d.t.), condannato a interpretare una recita per sempre […].
– Kaji: È il motivo per cui lo hai scelto scrivendo il suo nome nel Libro della vita.
Queste battute sono poi state adattate da me in questa maniera:
– Shinji: Ora ricordo, ci siamo incontrati qui moltissime volte.
– Kaworu: Esattamente com’è stato scritto nel Libro della vita, e succederà ancora. Io sono te, e tu sei proprio come me. Per questo ero attratto da te, io sentivo il bisogno di renderti felice.– Kaworu: Ciò che pone fine alla mia esistenza è il decadimento nel vuoto. Poiché io sono intrappolato all’interno di un loop infinito, condannato a interpretare lo stesso ruolo per l’eternità […].
– Kaji: È il motivo per cui hai scelto lui scrivendo il suo nome nel Libro della vita.
Sono entusiasta di questa versione, ambigua come nell’originale.
Beh, ho dovuto mantenere “l’atmosfera” di Evangelion!
Per quanto volontariamente ambiguo, tutto ciò deve pur avere un qualche senso. La spiegazione a cui è arrivato il fandom giapponese è la seguente: poiché Kaworu usa il verbo 連ねる tsuraneru “mettere a fianco, aggiungere a una lista” e Kaji 書き連ねる kakitsuraneru “scrivere a fianco, aggiungere”, vuol dire che il nome di Shinji non è stato semplicemente *scritto*, bensì *aggiunto* a un nome già presente, evidentemente quello di Kaworu. La presenza del suo nome sul Libro della vita è ciò che consente a Kaworu di rinascere all’infinito (le mille bare sulla luna), mentre l’aggiunta del nome di Shinji gli consente di farlo entrare nel suo loop personale.
Ora, le domande sono: se Kaworu ha scritto il nome di Shinji, chi ha scritto il nome di Kaworu? Forse Dio, ovvero la Prima Razza Ancestrale, la quale ha stabilito la «storia ad anello»? Poi: Kaworu può morire e rinascere all’infinito ed è immortale, ok, ma con lui anche Shinji? Oppure, dato che il nome di Shinji non è stato scritto da Dio/PRA in persona, ma solo aggiunto da Kaworu, Shinji non può rinascere?
Il dibattito è aperto anche in Giappone perché gli unici dati sono le suddette risicatissime battute, ma l’opinione generale (suggerita dal fatto che nel film si vede in un flashback Kaworu con Shinji bambino) è che Kaworu sia immortale e possa morire e tornare in un loop personale, mentre Shinji no, può solo rincontrarlo. È precisamente come nel film 1999 nen no natsu yasumi, insomma, in cui il personaggio di Kaoru muore e rinasce all’infinito per rincrontrare l’amato Kazuhiko in un’unica linea del tempo, e non come in Puella Magi Madoka Magica in cui Homura torna fisicamente indietro nel tempo per salvare Madoka. C’è un loop personale di Kaworu all’interno del Rebuild, ma non un loop temporale che coinvolge la serie TV, i film vecchi e i film nuovi, che sono certamente tre narrazioni separate.
Mah… Guarda, in realtà, pur con tutta questa complessa spiegazione, resta tutto ambiguo comunque, e forse non ha nemmeno senso trovarsi d’accordo con un’idea o con un’altra. È bello poter pensare quello che si vuole dopo aver visto e rivisto il film, anzi onestamente mi piace che comunque alla fine la verità non si scopra mai. È questa la magia di Evangelion: chiunque può pensare di aver capito, e anche se ha capito una cosa diversa da quella intesa dall’autore, può comunque essere qualcosa di importante per lui.
In ogni caso, per quanto riguarda il loop, ne evinciamo altri dettagli anche dallo scambio di battute successive fa Kaworu e Kaji:
– Kaworu: A questo punto puoi chiamarmi Kaworu.
– Kaji: No, è ancora presto, comandante Nagisa. Nagisa significa “spiaggia”, che unisce la terra e il mare: è come e se il tuo nome facesse da congiunzione fra il primo e il tredicesimo Angelo, che sono l’umanità stessa. Hai svolto la tua missione a sufficienza. Direi che ora può cavarsela benissimo da solo.
E in quest’ultima battuta si riferisce a Shinji.
È bello che Evangelion sia sempre e comunque interpretabile.
Sì, molto e da sempre. Non credo esista una lettura unica.
Per esempio, tu come spieghi la questione delle bare sulla Luna? Con il Libro della vita?
Credo che faccia parte del loop personale di Kaworu. La mia idea è che questo Libro della vita sia una specie di script di questo loop, a cui poi Kaworu ha aggiunto Shinji come “meccanismo di risoluzione”, quindi fino a che non si è trovato a confrontarsi con Shinji e finché Shinji non ha compreso tutto, il loop è continuato. Adesso forse è finito.
Sei quindi dell’idea che il loop sia solo quello delle morti e rinascite di Kaworu, e né temporale né tantomeno dell’intera saga (come vuole la teoria per cui serie TV, film vecchi e film nuovo siano consequenziali)?
Secondo me, e lo dico più da fan che da dialoghista, la saga di Evangelion è paragonabile alla concezione umana dell’universo, man mano sempre più ampia. Prima si pensava che la Terra fosse tutto, poi si è scoperto il sistema solare, poi la Via Lattea eccetera fino al limiti del cosmo. Sono tutti “loop” concentrici con la vita al centro.
D’altronde, al cinema, i vari remake o reboot cinematografici che hanno preso una direzione diversa rispetto a quella del prodotto originale non sono mai stati tanto discussi e studiati come questo Rebuild of Evangelion. Voglio dire, spesso remake e sequel non interessano molto ai fan: «vabbè, l’hanno fatto, ok, ma non sarà mai come l’originale». Invece il Rebuild ha assunto un potere e un valore importante, perché per il modo in cui è fatto ti permette di allargare lo sguardo sulla saga.
In particolare, penso che i vari finali della serie TV, dei film vecchi e dei film nuovi siano i veri fulcri di Evangelion. È un prodotto che è nato per questo, per i finali. Anzi, quello che mi piacerebbe veramente sapere da Hideaki Anno è se lui già sapeva fin dall’inizio, fin da quando ha ideato la serie, che poi noi fan ci saremmo ritrovati a discutere dei vari possibili finali e delle loro impossibili interpretazioni. Perché se questo era il suo programma fin dall’inizio, e io penso di sì, allora Anno è un genio!
Sono d’accordissimo, d’altronde di Evangelion personalmente ho sempre avuto poco interesse per le questioni della trama, dei misteri eccetera, e ho invece sempre amato il messaggio morale profondo espresso dai tre finali, che per quanto siano diversi gridano tutti e tre allo spettatore che la vita è qualcosa di proprio, che quello che succede fuori e dentro di me è un frutto delle mie scelte, e che bisogna prendere in mano la propria vita e andare sempre avanti.
Sì e no. Secondo me i finali di Evangelion rispecchiano i periodi storici in cui sono usciti. Il finale della serie TV è un finale in cui si si può fermare a pensare, un fermarsi tutti quanti a riflettere sulla propria vita, quasi un what if?, poi c’è il finale dei film vecchi che è più drastico e action, con la vita che cambia completamente nella forma e nel ritmo, e infine c’è il finale del Rebuild che è ancora più distruttivo sotto certi aspetti, in cui muoiono in malo modo molti personaggi, e credo che voglia dire che stiamo andando verso una distruzione del nostro mondo, quello reale.
In ogni caso, credo che i finali di Evangelion lascino sempre qualcosa di… intangibile, non definibile in modo assoluto. Ogni finale lascia una valanga di dubbi, che però possono permettere allo spettatore di trarne un significato che è unico e diverso per ognuno. Credo che l’interpretazione di un finale di Evangelion non possa essere “giusto” o “sbagliato”: deve essere tuo.
È interessante che tu abbia colto nel finale del Rebuild proprio l’aspetto di annuncio della fine del mondo, perché già quando nel 2007 uscì il primo film, Evangelion: 1.0 You Are (Not) Alone, la critica giapponese ci vide subito un messaggio ecologista, al punto che l’edizione giapponese della rivista Rolling Stone dedicò al film una copertina e un servizio giornalistico dal titolo I nuovi film di Evangelion parlano di ecologia? in cui si celebrava lo spirito ecologista di Hideaki Anno.
Concordo. Non conoscevo questo articolo, eppure anch’io vedo l’intera saga Rebuild come una grande metafora della distruzione del mondo che sta avvenendo sotto i nostri occhi, e credo che questa metafora non sia affatto nascosta, anzi si veda molto chiaramente nei film.
Per concludere, tre domande difficilissime. Ti è piaciuto Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time? Ti è piaciuta la tetralogia Rebuild of Evangelion? E infine: sei in grado di mettere in ordine di gradimento la serie TV, i film vecchi e i film nuovi?
Allora, andiamo con ordine. Mi è piaciuto tantissimo 3.0+1.0, sia come finale del Rebuild sia per il finale del film stesso, che presenta una chiusura totale come mai si era vista in Evangelion, dato che si parla per la prima volta in assoluto di distruzione di tutti gli Eva: poteva sembrare una cosa impossibile dato che le Unità Evangelion sono sempre state viste come le colonne portanti dell’intera saga, e invece finalmente il genere umano è riuscito a disfarsene. Questo può portare a infiniti discorsi e ragionamenti su cos’è l’Eva per noi, singoli spettatori, e cosa dobbiamo abbandonare nella nostra vita per poter andare avanti. Mi sembra una messaggio complesso e importante.
La serie TV è stato qualcosa di pazzesco nel mio cuore: era la prima volta che una storia e un messaggio del genere venivano raccontati e prendevano vita in quella maniera così potente. Mi è piaciuta tantissimo da subito e mi piace tutt’ora, quindi la metto al primo posto della mia classifica di gradimento, sopra la tetralogia Rebuild… con un’eccezione: fra il finale della serie TV e quello del Rebuild, essendo quest’ultimo più “finale”, mi dà qualche brivido in più.
Al terzo posto invece metto i film del 1997. Non che siano brutti, ma li vedo molto legati al loro tempo, figli di un momento storico in cui si andava di fretta, in cui sono aumentati i ritmi della vita, in ritmi produttivi, i ritmi di tutto. È una cosa che comprendo, ma non mi entusiasma. Essere legati al proprio tempo non è per forza una cosa negativa, eh: anche la trilogia originale di Star Wars rispecchiava metaforicamente quello che succedeva negli Stati Uniti in quegli anni. Una nuova speranza rappresentava la ripartenza dopo un momento difficile, la ripresa economica, eccetera; poi c’è stato L’impero colpisce ancora proprio mentre gli USA vivevano momenti difficili; infine Il ritorno dello Jedi che esprime la speranza che arrivi un salvatore. Star Wars rappresentava un po’ quello che succedeva negli USA e nel mondo, e se posso azzardare un parallelismo credo che in questi 25 anni Evangelion abbia fatto lo stesso rappresentando metaforicamente quello che succedeva in Giappone e nel mondo.
L’autore desidera ringraziare Sacha Pilara per la disponibilità.
Finale
Il fatto che Hideaki Anno abbia ufficialmente concluso il suo impegno nel mondo di Evangelion non vuol dire che Evangelion sia finito. Come ha recentemente spiegato lo stesso autore, c’è ancora tanto da narrare nella sua lingua complessa, ma non complicata, in primis il time skip di 14 anni fra i film 2.0 e 3.0, il cui contenuto è già stato scritto e per ora riposa in qualche cassetto.
Sembra quindi che, infine, Evangelion stia per prendere il suo posto a fianco ad altre gloriose saghe SF nipponiche come La corazzata Yamato, Mobile Suit Gundam e Macross (e aggiungerei anche Doraemon), che già da tempo sono oggetto di continui sequel, prequel, midquel, remake, reboot, riletture e quant’altro da parte di sempre nuovi autori che, fra alti e bassi, comunque portano avanti questi titoli, diffondendoli fra le nuove generazioni e nuovi pubblici anche internazionali.
Allora, sayōnara (“ciao”? “arrivederci”? “addio”?) Evangelion: il tuo nome è scritto sul Libro della vita e vivrà dunque in eterno in una «storia ad anello».
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