Durante il NipPop 2016 non si è parlato soltanto di Evangelion: siamo rimasti molto colpiti dalla conferenza “Kido Senshi Gundam – L’inestimabile eredità di Yoshiyuki Tomino”, a cura di Anime & Manga [ITA].
Siccome uno degli scopi di Distopia è quello di analizzare Neon Genesis Evangelion non solo come opera a sé, ma anche inserita nel più ampio contesto dell’animazione nipponica, abbiamo proposto ai due relatori, FAR e Italo, di rielaborare i propri interventi sotto forma di articoli da pubblicare su questo sito.
Quello che segue è l’articolo di FAR, mentre quello di Italo è disponibile a questo link.
Filippo “Nevicata”
Spesso quando facciamo apprezzamenti in merito a un’opera ci troviamo a decantarne i realistici personaggi, le favolose ambientazioni o magari le imponenti dicotomie che emergono negli scontri più importanti, eppure spesso ci dimentichiamo che dietro a queste situazioni vi sono scelte narrative e di natura tecnico-artistica che fanno la differenza. Anche se agli occhi di una persona non addetta ai lavori queste scelte non emergono chiaramente durante la visione di un cartone, vi posso assicurare che determinano la percezione finale che abbiamo di quel prodotto. Volete un esempio? Se Shinji Ikari fosse stato presentato in un contesto precedente alla postmodernità, che ne ha fatto a pezzetti l’aspetto virile tipico degli antecedenti protagonisti (cosa che vedremo nel dettaglio più avanti), e se la regia dell’episodio 24 di Masayuki si fosse concentrata sugli sfondi non soltanto per raccontare le solitudini dei personaggi, ma anche per indicare il “personal space” che divide Kaworu dal nostro protagonista, molto probabilmente non si sarebbe creata quella situazione ambigua che noi tutti ben conosciamo e il terzo film del Rebuild sarebbe stato interpretato dagli spettatori in modo completamente diverso (ad esempio exhentai non si sarebbe riempita di doujinshi yaoi di Eva).
Questo secondo il sottoscritto non è un fatto dovuto soltanto alla sceneggiatura, già volutamente scarna e poco chiarificatrice, ma alle precise scelte dello staff, consapevole o meno di portare la storia in una certa direzione, ed è stato un fortunato insieme di queste scelte che ha reso Neon Genesis Evangelion l’opera che a distanza di 20 anni continuiamo ad amare e a studiare nel minimi dettagli, creando addirittura delle teorie basate su singoli particolari che ci hanno colpito.
Ma è davvero tutta farina del sacco della Gainax ed è la prima volta che la storia dell’animazione giapponese viene sconvolta da un anime davvero originale che combina al successo commerciale anche grandi innovazioni tecniche? Ovviamente no, poiché precedentemente Mobile Suit Gundam aveva fatto lo stesso, creando il primo grande brand mecha della storia dell’animazione giapponese e principale ispirazione di Hideaki Anno. A mio avviso è importante mettere a confronto questi due titoli per poter capire cosa Evangelion abbia preso da Gundam e cosa può avvenire in produzioni anime atipiche come queste due. Ecco una lista schematica delle somiglianze tecnico-narrative e di come differiscono tra di loro questi aspetti analizzati nel dettaglio.
Shinji è un Amuro postmoderno?
Amuro Rei, protagonista di Gundam, e Shinji hanno molti aspetti in comune: entrambi sono dei ragazzi appena entrati nell’adolescenza, non sanno in quali azioni risiede la loro possibile felicità, non riescono a creare legami stabili con le persone attorno a loro, il loro rapporto con la “macchina” si fa continuamente sbilanciare dalle diverse situazioni con cui entrano in contatto portandole sempre verso esiti negativi. A detta della critica entrambi sono i personaggi di finzione più rappresentativi delle loro rispettive generazioni, pur trattandosi di figure del mondo della fantascienza.
Vi è però una vera differenza sostanziale tra i due: Amuro cerca più e più volte di mettersi in mostra davanti ai personaggi femminili, prova distinti crush durante la serie e in quei contesti cerca di allontanare la sua parte più infantile e capricciosa per mostrarsi più maturo e virile, anche se non sempre con i risultati desiderati; Shinji da questo punto di vista è addirittura quasi privo di caratteristiche mascoline, prova sentimenti decisamente più vaghi e cerca più che altro rifugio nei personaggi femminili, come gli rimprovera Asuka poco prima della fatidica scena di “Komm, süsser Tod” (The End of Evangelion). Si può quindi vedere Shinji in un’ottica postmoderna, come il frutto della crisi dei valori della nostra epoca, privo di una reale identità di genere e alla perenne ricerca di un appiglio. E poco importa se quell’appiglio è una sua coetanea, una donna adulta che tenta di giocare alla mamma con lui, oppure il proprio ruolo sociale, purché lo faccia sentire desiderato e apprezzato dagli altri.
Character designer d’eccezione
Yoshikazu Yasuhiko e Yoshiyuki Sadamoto sono sicuramente i più conosciuti character designer dell’animazione giapponese. Entrambi non hanno raggiunto la loro maturità stilistica e il loro momento di maggiore fama con la realizzazione dei loro rispettivi cartoni più famosi, ma quei design hanno di certo spianato loro la strada portandoli a posizioni decisamente privilegiate nell’industria dell’animazione giapponese. Notevole è pure la loro incursione nel mondo dei manga e dell’illustrazione. Parlando in termini stilistici è necessario dire di come, specie nei primi design di Sadamoto (Le Ali di Honneamise) l’influenza dello Yas di Gundam fosse fortissima in particolar modo per quanto riguarda le proporzioni e le soluzioni grafiche del viso e successivamente (Yas degli anni ‘90) per dimensioni di occhi e naso. Questo in Eva ha portato soprattutto Shinji a essere percepito come un erede spirituale degli eroi dei cartoni Sunrise disegnati da Yasuhiko e non come il semplice protagonista di una nuova serie mecha.
(NdA: ricordiamo comunque che il primissimo Project Eva era indirizzato alla Sunrise e fu successivamente prodotto dalla Gainax in seconda battuta.)
Prepotenti innovazioni di mecha design
Se in Gundam i mecha cominciano per la prima volta a essere pensati come macchine realistiche che tentano di evitare movimenti e pose improbabili, in Eva iniziano a essere non solo pensati come macchine umanoidi, ma arrivano addirittura a essere animati con un realismo di prim’ordine, una grandissima innovazione! Molto spesso mi diverto col dire che gli Evangelion da un punto di vista del design altro non sono che degli Ultraman intutinati e con qualche maschera diversa. Effettivamente la loro anatomia praticamente semiumana e i loro movimenti iperrealistici li rendono molto simili ai tokusatsu da cui Anno riprende tra l’altro molte sequenze registiche nei combattimenti. Anche questo, come i design dei personaggi, a mio avviso porta lo spettatore a ricontestualizzare qualcosa che già conosce bene, azione già svolta da Gundam con la figura del classico mecha: si passa da un divino guerriero meccanico a una semplice macchina di morte e da un guerriero alieno che combatte per salvare la terra a una creatura robotico-umanoide dai tanti aspetti misteriosi che combatte gli “alieni” per evitare l’estinzione della razza umana.
Animation department
Correlata al mecha design vi è la mechanical animation direction. In entrambi gli anime non vi fu una vera e propria direzione delle animazioni che forniva delle linee guida agli animatori in merito ai movimenti dei mecha. Questo fu la causa principale del calo della qualità di tanti scontri in Gundam nella prima parte della serie oltre che in determinati campi/controcampi degli episodi di guerra terrestre, ma fu anche uno dei punti di forza di Evangelion: è grazie a questa grande libertà che Mitsuo Iso, Keisuke Watabe, Yutaka Nakamura, Yasushi Muraki e tanti altri grandi animatori riusciranno a dare il meglio di loro stessi all’interno della serie televisiva portandola in taluni cut a livelli pressoché ineguagliati (prendiamo per esempio la scena dell’Eva-01 in berserk, indubbiamente meglio animata anche rispetto alla sua controparte nel Rebuild). Tuttavia è necessario dire, per correttezza, che un giovane Yoh Yoshinari diresse la mechanical animation degli episodi 16, 22 e 23 senza però ottenere alcun risultato tangibile stilisticamente a causa di una schedule fin troppo stretta. Per fortuna negli anni si è rifatto ampiamente…
Le OST gemelle
https://www.youtube.com/watch?v=l-woA4Hgwu0
Notate anche voi una certa somiglianza?
Shiro Sagisu si ispirò notevolmente alle OST di Takeo Watanabe in Gundam oltre che a quelle di molti film occidentali, tra cui i vari James Bond. Anche in questo caso ciò serviva per creare un certo effetto “reminiscenza” che abbiamo già incontrato con il design dei personaggi, il design dei mecha e la caratterizzazione dei protagonisti.
Finali low budget?
Questa più che essere una scelta è ovviamente la conseguenza di una gestione degli studi associati e delle schedule molto irregolare, cosa che ha portato in Eva il divorzio con i principali fornitori di key animation della Gainax (Production I.G e Tatsunoko), mentre in Mobile Suit Gundam provocò una grande arrabbiatura dello staff sul finale, un abbassamento enorme delle “scene sakuga” e a una lavorazione con l’equivalente di 2 o 3 animatori chiave. In Gundam si risolse questo problema impiegando animatori provenienti dallo Studio Tatsunoko (Ichiro Itano in modo particolare) e dello stesso Yoshikazu Yasuhiko, e ricorrendo a un ampio uso di still-frames e cells animate come se fossero background in movimento, mentre in Eva il problema fu risolto con uno dei finali più controversi e originali della storia dell’animazione giapponese. Ci terrei a precisare un aspetto importante in merito al finale di Evangelion serie TV e Gundam: a prescindere dal budget destinato alla serie, i cambi di rotta stilistici sono essenzialmente frutto di una bassa forza lavoro e di una deadline fin troppo prossima!
Ora come ora non è possibile arrivare a conoscere la situazione effettiva dello studio in quel momento poiché nonostante I.G e Tatsunoko se ne fossero andate per i motivi sopracitati, i cut della puntata 26 di Yoh Yoshinari sono frutto della classica ottima qualità del key animator, ma senza delle linee di divisione dei colori (che occupano una buona parte del tempo di creazione di una animazione realizzata con il metodo classico), proprio come nei contesti a pessima schedule.
C’è però anche da precisare che queste animazioni sono presentate in soli due cut ed essendo gli animatori pagati fondamentalmente per cut, ciò potrebbe anche lasciar suppore una totale mancanza di budget; nonostante ciò si sarebbe comunque potuto trovare un valente keyani dal costo minore di Yoshinari, all’epoca giovane prodigio della Gainax.
Ad ogni modo le serie televisive anime hanno un’organizzazione finanziaria a episodio in fase di preproduzione e per la cronaca per ogni episodio di Evangelion sono stati spesi 6,25 milioni di Yen ad eccezione degli ultimi 3, per i quali è stata spesa una imprecisata cifra minore, per ovvi motivi dovuti al ristretto staff. Quella somma di denaro equivale oggi a circa 260000 euro. Non è certo poco se pensate che mediamente una serie di quel periodo costava quasi la metà.
Forte influenza della letteratura sulle tematiche e sui concept delle opere
Entrambi i cartoni animati sono stati influenzati da romanzi di fantascienza con cui gli autori erano entrati in contatto. Possiamo parlare di Starship Troopers del grande Robert Anson Heinlein come l’influenza principale di Mobile Suit Gundam, ma è così facile trovare una univoca influenza anche per Eva? Io credo proprio di no, e per questo dovrò citarvi parecchie opere: Childhood’s End di Arthur C. Clarke, da cui viene presa l’idea degli Angeli; The Divine Invasion di Philip K. Dick, da cui sono stati presi molti parallelismi religiosi; The Andromeda Strain di Michael Crichton, da cui nasce l’idea dell’angelo Ireul; un gran numero di romanzi di Ryu Murakami, i cui personaggi sono stati un’ottima base per la realizzazione di Shinji; infine il poema Pippa Passes di Robert Browning, che presenta una “estetica della tragedia” molto simile a quella di Eva (in particolar modo in The End). Non tutte queste opere sono facilmente accessibili al pubblico italiano senza una buona conoscenza dell’inglese, ad eccezione delle prime tre che sono facilmente reperibili. Ci sono poi molte citazioni ad altri romanzi e racconti come per esempio The Beast That Shouted Love at the Heart of the World di Harlan Ellison, ma esse finiscono per essere quasi solo fanservice per gli appassionati della sci-fi piuttosto che vere influenze.
Ci sono anche altri minori parallelismi, come ad esempio la caratterizzazione dei personaggi di Rei e Kaworu in contrapposizione a Lalah o l’introduzione di scene registiche fortemente espressioniste in un contesto mainstream, ma parlarne qui e ora trasformerebbe questo articolo già fin troppo lungo in un saggio vero e proprio. Se però trovate interessante questo tipo di approfondimenti non è impossibile che presto, qui o su altri lidi, si tenterà di sviluppare anche una seconda parte.
Grazie di aver dedicato il vostro prezioso tempo alla lettura e buon viaggio nel meraviglioso mondo dell’animazione giapponese!